Considerazione sugli Spam Engine (parte 2°)

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Riprendo l’articolo sugli spam engine approfondendo il primo vantaggio (o presunto tale) che ho riconosciuto a questa tipologia di soluzioni web:
“Consentono ai siti che investono in network di affiliazione di avere visibilità (seppure mediata) anche nei risultati naturali dei motori di ricerca.”.
Partiamo dall’inizio:

  • Gli spam engine riportano i dati forniti dalle piattaforme di advertising, in particolare da Google, Yahoo Search Marketing e Miva
  • Gli spam engine, mediante varie tecniche, si posizionano nei risultati naturali dei motori di ricerca
  • Quindi chi investe nelle piattaforme di link sponsorizzati acquista virtualmente anche una posizione nei risultati naturali. Anche se, a onor del vero, la visibilità nelle SERP dei principali MDR è mediata da un ulteriore passaggio.

Quindi il normale flusso:

Diviene

A questo punto c’è da chiedersi:

  • cosa avviene in questo “passaggio aggiunto”?
  • come lo percepisce l’utente web?

Noi addetti ai lavori siamo abituati, io prima di tutti, a scartare il risultato e magari ad affinare la ricerca quando mi trovo come pagina di atterraggio un sito di spam engine (o arbitrage che dir si voglia :-) ) però siamo sicuri che la maggior parte dei navigatori non creda che la seconda pagina di risultati sia un ulteriore affinamento dei primi risultati mostrati dai motori di ricerca?
Chi gestisce campagne di keyword advertising e ne traccia l’andamento delle conversioni non può non aver trovato tra i siti “portatori di lead“ vari spam engine.
Se gli utenti percepissero come risultati di bassa qualità i contenuti presenti in questa tipologia di siti sicuramente non proseguirebbero nel processo di acquisto, invece molte volte gli arbitrage presentano dei tassi di conversione tutt’altro che scarsi.
Vi lascio con un’ulteriore provocazione: molte volte ho sentito asserire che Yahoo Search Marketing e Adsense convertono molto bene nel settore finanziario, nel settore dei prestiti e delle assicurazioni, bene provate a fare qualche ricerca in Google per termini inerenti queste aree semantiche (non keyword secche, ma keyphrases) e ditemi quanti spam engine e arbitrage trovate :-)

Considerazioni sugli Spam Engine

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Premessa: questo post rappresenta il primo di una serie di articoli in cui tenterò di fare una esauriente panoramica sul mondo degli spam engine, analizzandone tutti i possibili vantaggi/svantaggi che questi ultimi possono rappresentare per il mondo del Search Engine Marketing, per le aziende coinvolte e in particolare per tre maggiori motori di ricerca ( Google, MSN e Yahoo!).
Vi dirò che non ho ancora ben chiaro (non stupitevi… prima lasciatemi spiegare meglio!) se gli spam engine sono un pericolo, oppure un’opportunità per il SEM, quindi spero che questo articolo e quelli che seguiranno su questo argomento, siano arricchiti dalle vostre considerazioni, in modo da fare chiarezza su alcuni punti che si prestano, vi assicuro, a varie interpretazioni.
Prima di partire con le considerazioni, però, mi sembra doveroso definire:

  • Cos’è uno spam engine
  • Quali sono le tipologie principali di Spam engine
  • In cosa differiscono
  • Vantaggi e svantaggi degli Spam engine

Cos’è uno spam engine
Lo spam engine (dal punto di vista che mi interessa analizzare) può essere definito come un sito che, sfruttando le caratteristiche/pecche degli algoritmi dei motori di ricerca, si posiziona nei risultati naturali dei MDR, presentando, poi, agli utenti delle pagine che ripropongono i risultati a pagamento dei vari network di affiliazione.

Quali sono le tipologie principali di Spam engine
A seconda dei risultati che presentati possiamo dividere gli spam engine in due grandi tipologie:

  • “Bad Engine”: ossia i siti di spam che presentano risultati non in linea con la ricerca degli utenti, ma che posizionandosi per molteplici ricerche generiche ripropongono poi agli utenti web tutt’altro tipo di risultati e che, nel peggiore dei casi, tentano di installare anche pericolosi applicativi sul computer dei malcapitati.
  • “Spam engine contestuali”: ossia i siti che, pur non avendo del contenuto vero e originale da fornire agli utenti, riescono a posizionarsi nelle SERP dei motori di ricerca, fornendo agli utenti, però, dei risultati in linea con la ricerca che hanno effettuato.

N.B le considerazioni che farò da qui in avanti considereranno solo questa seconda tipologia di spam.

In cosa differiscono

La differenza fondamentale tra i vari spam engine, riguarda sostanzialmente il network di affiliazione utilizzato.
Volendo considerare solo i principali: Google, Yahoo!(Overture) e Miva le differenze fondamentali riguardano i dati che queste ultime forniscono agli affiliati:

  • Google, mediante adsense, fornisce ai parter uno script che una volta inserito nelle pagine, presenta dei risultati a tema con il contenuto della pagina. Questi risultati, essendo frutto di uno script, non vengono indicizzati dagli spider dei motori di ricreca. Chi costruisce uno spam engine con adsense, quindi, deve costruire delle pagine incentrate sulle aree semantiche che fanno registrare la presenza di più investitori e linkarle tra di loro. Per costruire queste pagine, spesso, vengono utilizzati dei tool che generano contenuto testuale, tra l’altro di pessima qualità, in automatico.
  • Yahoo search marketing e Miva, ad ogni query, forniscono invece al partner dei contenuti in formato xml. I dati presenti nell’xml contengono sia link sponsorizzati che risultati naturali, inoltre essendo le informazioni di tipo testuale, esse vengono lette(un volta stampate in una pagina web) anche dagli spider dei motori di ricerca, contribuendo così al posizionamento della pagina senza nessun intervento da parte di chi implementa il sito.
    Quindi mentre chi utilizza adsense deve creare del testo ad hoc per l’indicizzazione, chi sviluppa uno spam engine con Yahoo e Miva deve solo accertarsi che gli spider dei motori di ricerca raggiungano facilmente le pagine web che ripropongono l’xml fornito dai due network di affiliazione

Vantaggi e svantaggi
Di questo ne parlerò approfonditamente nel prossimo post (vista già l’esagerata lunghezza di questo articolo), vi lascio solo con una serie di spunti che meritano una più completa argomentazione.

  • Consentono ai siti che investono in network di affiliazione di avere visibilità (seppure mediata) anche nei risultati naturali dei motori di ricerca.
  • Aumentano la visibilità dei siti che utilizzano i network di affiliazione, partecipando alla costruzione della notorietà di questi ultimi.
  • Portano traffico anche agli altri network di affiliazione, diminuendo (seppur di poco e sfruttando lo stesso motore di ricerca) il monopolio di Google nel circuito del pay per click

Per ora mi fermo qui, ho elencato solo i vantaggi (presunti o reali che siano),perché sono sicuro che gli svantaggi verranno fuori nel corso della discussione che spero si genererà intorno a questa serie di post :-)

Website Optimizer per testare le landing page

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Google lancia oggi Website Optimizer, uno strumento che espande le funzioni di Analytics, permettendo di effettuare A/B testing sulle landing page.
In pratica con Website Optimizer è possibile testare varie combinazioni di elementi sulle landing page per individuare le soluzioni che forniscono un tasso di conversione più elevato. Gli elementi all’interno di una pagina che possono essere combinati in modi diversi e testati sono sostanzialmente: titolo, immagini, testo e call to action.

Effettuando esperimenti su varie combinazioni di questi elementi e mostrando varie pagine in rotazione è possibile quindi individuare le soluzioni che favoriscono il processo di conversione degli utenti.
I risultati dei test vengono poi mostrati in modo semplice ed efficace da report che indicano i miglioramenti ottenuti in termini di conversione:

Forse per deformazione professionale, sono sempre un po’ sospettosa verso gli strumenti di tracciamento e analisi di Google che, da una parte possono darci spunti utili per interventi di ottimizzazione sulle campagne AdWords ma dall’altra forniscono dati troppo sensibili al già potentissimo colosso del search.
Nel caso di Website Optimizer direi invece che lo strumento può effettivamente dare un valore aggiunto agli inserzionisti consentendo di migliorare i risultati di conversione: in definitiva gli inserzionisti saranno più soddisfatti, i loro budget più consistenti e Google continuerà a testare “combinazioni” sempre più redditizie. Aspetto ora commenti su qualche risvolto malizioso a cui non avevo pensato…

Evoluzione del Call Center: Corporate Blog

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In un mondo dove la notorietà della marca non rappresenta più un elemento decisivo nella scelta del consumatore e dove molti prodotti sono egualmente competitivi sul mercato, l’esperienza del consumatore che si relaziona con l’azienda costituisce il vero fattore critico di successo di un’attività commerciale.
Per questo motivo diventa fondamentale per un’azienda costruire dei processi che:

  1. Permettono al consumatore di dialogare con l’azienda esprimendo la propria percezione e condividendo la propria esperienza sul prodotto.
  2. Consentono di monitorare tutte le opinioni relative alla propria attività

Per favorire l’interazione con il consumatore le aziende più attente si sono dotate, nel corso degli anni, di strumenti come il call center, in grado di facilitare il dialogo e di raccogliere le opinioni e le esperienze degli utenti.
Mentre il dialogo costruito da questo tipo di canale comunicazionale permette uno scambio di informazioni solo tra azienda e consumatore, ultimamente si sta assistendo allo sviluppo dei Corporate Blog, ossia di una nuova piattaforma che consente l’incontro e lo scambio simultaneo di idee sia tra i consumatori e l’azienda che tra i consumatori stessi.
Il blog rappresenta per le aziende uno strumento strategico che permette di raccogliere le esperienze degli utenti relativamente ai propri prodotti e di fornire, in tempo reale, risposte adeguate alle tematiche trattate: arginare una lamentela, chiarire controversie, fornire informazioni aggiuntive e creare con gli utenti un rapporto di fiducia.
Lo scambio diretto di opinioni tra i consumatori e le informazioni presenti on line su un’azienda possono influenzare significativamente la percezione che i consumatori hanno di una marca.
Il monitoraggio della reputazione del brand (che approfondiremo prossimamente) assume quindi un ruolo determinante nell’individuare interventi migliorativi sui servizi offerti e definire come porsi sul mercato.

Vino e Search Marketing a Treviso

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Questo week end a Treviso si terrà l’Ombralonga ossia una manifestazione caratterizzata da degustazioni di vino in giro per le osterie del centro, musica e festa in ogni angolo della città.
Quale occasione migliore per un incontro con i nostri colleghi SEO/SEM, per scambiare quattro chiacchiere davanti a un bicchiere e fare un brindisi alla faccia di Google :-)
Salutiamo intanto i colleghi alcolici che rivedremo stasera: Miriam (ti chiamiamo tra poco), Andrea, Alessandro e Simone.
Un grazie particolare a Fabio che ha organizzato il tutto!

Treviso il giorno dopo:
Appena ripresi dai postumi della giornata di brindisi e elucubrazioni alcoliche sul mondo del search engine, concludiamo brevemente il post con un ringraziamento ad Alfio, un appassionato informatico ristoratore, la cui filosofia di vita si riassume con un saggio “Less internet…more Cabernet”. Un saluto agli amici di TSW che ci hanno fatto da guida per le vie di Treviso.

Blog e link popularity

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Possibile soluzione ai fattori esterni
Chi mi conosce sa che sono molto critico sull’importanza che hanno acquisito i fattori esterni per Google.
Certo elementi come la link popularity, l’età di un sito, la sua “fedina penale”, devono concorrere assolutamente alla determinazione del posizionamento di un sito, però il loro crescente peso a sfavore dei fattori interni ha generato molte anomalie di mercato, es:

  • Compravendita di link
  • Compravendita di articoli su siti e blog autorevoli
  • Compravendita di gateway pages su portali autorevoli

Queste tecniche, che chiaramente non accrescono la qualità di un sito e non ne migliorano l’ottimizzazione, sono in grado di modificare sensibilmente il posizionamento di un sito all’interno delle SERP dei motori di ricerca.
Affidarsi ai fattori sopra citati lega i risultati del SEO a dei costi fissi mensili, demolendo così uno dei principali vantaggi di questo tipo di attività cioè l’abbassamento dei costi di visibilità e di acquisizione nel lungo periodo.
L’evoluzione dei fattori in grado di influenzare il ranking di un sito sembra favorire di molto i portali di informazione, di pubblica utilità, di condivisione di opinioni ed esperienze (blog) che per loro natura hanno molte più possibilità di ricevere link spontanei, a sfavore di siti che hanno come scopo quello di promuovere i prodotti e i servizi dell’azienda che rappresentano.
Concorderete con me quando affermo che un sito di una società di assicurazioni o di credito che pubblicizza i servizi offerti dall’azienda che rappresenta ha molte meno possibilità di un blog di ricevere link spontanei da siti esterni.
Tirando le somme:

  • Per promuovere un sito di business nei risultati naturali dei motori di ricerca, è sempre più indispensabile creare una buona link popularity.
  • La compravendita di link e di landing pages lega i risultati ottenuti dal SEO a dei costi fissi mensili
  • Siti di informazione e di condivisione di informazione e pareri generano facilmente link spontanei
  • Blog = link popularity

SIA CHIARO, lungi da me voler affermare che un corporate blog ha come unico pregio quello di generare link popularity e tanto meno che un’azienda debba imbarcarsi in un impegno del genere solo per generare link spontanei, però sicuramente ai tanti vantaggi che un blog può apportare a una azienda va aggiunto anche lo sviluppo di una link popularity di qualità, e non legata a contratti di partnership, verso il sito aziendale.

Help Wanted in DMC

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Il Search Engine Marketing sta assumendo un ruolo sempre più rilevante in DMC con una divisione in crescita che ha creduto e sviluppato il potenziale di questo mercato fin dagli albori.
In vista di un ulteriore potenziamento del nostro team, cerchiamo profili junior e stagisti che abbiano grande entusiasmo per il settore e voglia di mettersi in gioco in un ruolo professionale con prospettive ambiziose. Le persone che entreranno a far parte del nostro gruppo avranno un ruolo attivo nella gestione di progetti di alto profilo come le campagne di Expedia, Sky, Alitalia, RAS, Whirlpool, PayPal ecc.
Cerchiamo quindi appassionati di keyword advertising che avranno l’opportunità unica di diventare specialisti di search advertising sviluppando una visione globale della comunicazione online e di capire quindi come le attività sui motori si integrano con tutti gli aspetti della comunicazione su web, dall’online advertising all’email marketing.
Visto lo sviluppo esplosivo di questo mercato, le opportunità di formazione e crescita in un settore trainante come il search engine marketing sono davvero tante.

I requisiti dei candidati ideali sono i seguenti:
· Passione per il search engine marketing e voglia di aggiornarsi continuamente sulle novità del settore
· Breve esperienza nell’ambito del marketing e della comunicazione online
· Capacità analitiche ed organizzative
· Ottima conoscenza di Excel
· Creatività ed intraprendenza

Se siete interessati a questa posizione scrivetemi a

L’ambiente di lavoro, vi possiamo assicurare, è dinamico e stimolante.

Aggiornamento (17/10/2006): continua lo sviluppo del Search Engine Marketing in DMC, la ricerca di stagisti e/o profili junior si allarga anche all’area SEO, i requisiti ideali sono:
· Passione per il search engine marketing e voglia di aggiornarsi continuamente sulle novità del settore
· Breve esperienza nell’ambito dell’ottimizzazione dei siti web
· Capacità analitiche ed organizzative
· Conoscenza di HTML server side(o voglia di impararlo)
Se siete interessati a questa posizione scrivete a

Branding sui motori di ricerca

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Molte sono le fonti che parlano di azioni di Branding sul web e in particolare sui motori di ricerca, ma altrettanti sono i dubbi sull’efficacia di questo tipo di attività tramite i Search Engine.
Per approfondire questa tematica e capire il ruolo dei motori di ricerca in una strategia di branding ci siamo chiesti quali siano i fattori che caratterizzano un’azione di sviluppo del brand on line.
Partendo da una definizione di brand che ci sembra particolarmente esaustiva, possiamo affermare che il Brand si compone di due macro aree:

  1. La notorietà della marca
  2. L’immagine della marca

La notorietà della marca comprende tutti quegli elementi legati alla diffusione del brand, che:

  • Comunicano al consumatore l’esistenza della marca, promuovendone la conoscenza.
  • Facilitano il processo di composizione del paniere di scelte possibili., fornendo un ordine di priorità tra le varie alternative.
  • Consentono al consumatore di scegliere un prodotto basandosi su una associazione di familiarità con l’azienda.

L’immagine della marca include tutti quegli elementi che danno vita al rapporto di fiducia tra l’azienda e il consumatore:

  • Il consumatore si sente meno esposto a rischi derivanti da un acquisto sbagliato.
  • Favorisce una scelta più rapida riducendo i tempi necessari alla valutazione dell’acquisto

A questo punto possiamo trarre delle conclusioni sui fattori sopra elencati che possono trovare applicazione mediante la presenza sui motori di ricerca.
Essendo la notorietà della marca legata sostanzialmente alla presenza, alla possibilità per l’utente di entrare in contatto con un brand e di attribuire un ordine gerarchico alle possibili scelte di acquisto, appare evidente che i motori di ricerca forniscono risposte estremamente idonee ad un’azione di supporto e di brand awareness.
Strategie, invece più incentrate a stabilire un rapporto di fiducia tra il consumatore e l’azienda appaiono più slegate dal concetto di visibilità, e forse meno consone ad essere veicolate tramite i motori di ricerca.
La visibilità della marca, però non sempre favorisce l’auspicata notorietà: apparire in siti di scarsa qualità, di dubbi contenuti e in contesti poco affini all’immagine aziendale può influire negativamente sulla percezione del consumatore.
Il concetto “bene o male basta che se ne parli”, non ci sembra trasferibile nel web, dove invece conviene valutare accuratamente il contesto al quale si vuole agganciare il proprio brand.
Mentre sui motori ricerca, questo è possibile mediante una attenta selezione delle keyword, lo stesso non si può sempre dire dei network di contenuto forniti dagli stessi search engine come canali supplementari di visibilità.

A colloquio da Google

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Come è noto a chi mi legge, a volte mi diverto a fare dei paragoni tra la logica umana e il funzionamento degli algoritmi dei motori di ricerca e in particolare di Google.
Alcuni giorni fa mi è stato chiesto di spiegare in modo semplice e senza tecnicismi cos’è la link popularity , come funziona e quali sono i parametri per giudicare un buon link.
Dopo alcuni vani tentativi in cui non riuscivo a far a meno di termini come link in entrata, link in uscita e “autorevolezza” di un sito, sono finalmente riuscito a spiegare, almeno spero, anche ai meno tecnici quali siano le logiche della link popularity senza utilizzare termini tecnici, ma rifacendomi alla vita reale di tutti i giorni.
Immaginate di dover selezionare una persona di alto livello per una importante posizione di lavoro nella vostra azienda, oltre ad affidare le vostre valutazioni al curriculum del candidato, sicuramente cerchereste di raccogliere informazioni e opinioni sulla persona in questione, chiedendo ai vostri colleghi e agli altri specialisti del settore se sono in grado di fornirvi notizie e opinioni sulla persona che state pensando di assumere.
E’ chiaro che maggiori saranno le opinioni positive sul candidato e maggiore sarà la vostra propensione ad assumerlo.
Immaginate se poi un’opinione favorevole vi provenisse da un professionista universalmente riconosciuto, la cosa varrebbe molto di più di 5 consigli provenienti da persone meno valide professionalmente
Ecco spiegati i primi principi che sono alla base di una buona analisi della link popularity:

  • Numero di link (opinioni favorevoli)
  • Link a Tema (per avere opinioni vi rivolgete agli altri operatori del settore e non a gente estranea al vostro lavoro)
  • Autorevolezza del sito linkante

Una volta intrapresa questa strada mi sono accorto che con lo stesso ragionamento è possibile spiegare il concetto di anzianità di un sito web: un curriculum pieno di esperienze professionali positive è senza dubbio più valido di un curriculum, sia pur ben scritto e valido, di un neo laureato.
Ecco qui però entriamo in un penoso problema: la difficoltà per i neo laureati di trovare un lavoro decente!
A quanto sembra questa difficoltà che la società tenta di fronteggiare da anni trova riscontro anche negli algoritmi di Google, infatti ultimamente (almeno questa è la mia opinione) i nuovi siti, se pur molto validi, che riguardano mercati molto competitivi, hanno una grande difficoltà a emergere nelle SERP del noto motore di ricerca a meno che non abbiano una forte raccomandazione(link da siti autorevoli!)
Insomma sembra proprio che Google abbia deciso di proporre a tutti i “neolaureati” una sorta di Stage (periodo definito come sandbox) non retribuito, però è anche vero che alla fine dello stage i candidati validi vengono premiati e assunti a tempo indeterminato, mentre per altri si prefigura il licenziamento, oppure un contratto a progetto davvero poco rassicurante in termini di stabilità :-)

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Espansione della query, come quando e perché

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Oggi, dopo un piacevole scambio di opinioni sulle evoluzioni delle tecniche SEO, ho avuto modo di pensare meglio alla tematica dell’espansione delle query e ai differenti modi in cui questa può essere interpretata.
In particolare il mio interlocutore ha sostenuto che, dopo essersi documentato sulle tecniche di indicizzazione attualmente in uso e sulle possibili future evoluzioni dei motori di ricerca, ha deciso di abbandonare la creazione di pagine fortemente tematizzate su una singola parola chiave, a favore di pagine più ricche di contenuto(generico), che veicolano, quindi, molteplici keyword.
Questa decisione, “naturalmente”, è motivata dalla nuova tendenza dei motori di ricerca, e di Google in particolare, ad “espandere le query”.
Insomma, se ho capito bene la sua opinione, lui sostiene che costruendo una pagina contenente più keyword, come ad es: “prestiti”, “finanziamenti”, “prestiti personali”, ecc, ha più probabilità di posizionarsi per tutti questi termini che non costruendo una pagina per ogni singola parola chiave(quindi con tag title e contenuto incentrato sul singolo argomento specifico).
Certo non posso sostenere che questa opinione sia sbagliata, anche perché se fossi in possesso della verità assoluta su Google mi sarei ritirato a vita privata da molto tempo :-) , ma personalmente ritengo che “l’espansione della query” non debba influenzare il numero di pagine create, ma il contenuto di ognuna di esse.
Mi spiego meglio: volendo indicizzare un sito per “piccoli prestiti” e per “finanziamenti personali”, io farei 2 pagine con un copy text fortemente incentrato sulla keyword da veicolare.
Certo costruendo la pagina “piccoli-prestiti.html” farei attenzione a riportare con completezza tutti gli argomenti correlati a questa keyword, inserendo il tag title e un titolo alla pagina(in h1) fortemente tematizzato. Costruire una pagina incentrata sia sui finanziamenti personali che sui piccoli prestiti, invece , non mi permetterebbe di poter contestualizzare in modo univoco il contenuto e avrei anche delle difficoltà nel dover costruire il tag title, nel dover definire i titoli interni e gli anchor text con i quali linkare la pagina.
Insomma espansione della query per me significa trattare con completezza ogni singolo argomento(keyword) e non costruire pagine generiche che hanno la pretesa di posizionarsi per tutto.
In fondo anche i target sono diversi, chi cerca piccoli prestiti, o voli Roma, non è interessato ai finanziamenti personali o ai Voli per Napoli :-) .
Non vedo perché la logica utilizzata per costruire le landing pages impiegate nel keyword advertising non possa essere trasportata nel SEO: sono sicuro che fornire una pagina di atterraggio che riporti nel copy text un contenuto fortemente incentrato sulla query effettuata dall’utente possa migliorare di molto le conversioni, rispetto ad una pagina ricca di contenuto, ma disorientante per l’utente, ricordiamoci che i siti hanno l’obiettivo primario di soddisfare le ricerche degli utenti e non le logiche dei motori.
Insomma alla fine il “povero” Googlebot non è altro che un software che deve riuscire a capire il contenuto di una pagina e assegnargli un ranking rispetto ad altri milioni di documenti, quindi se possiamo semplifichiamogli il più possibile la vita :-)