Distorsioni e potere degli anchor text

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Tempo fa ho avuto già modo di parlare della contestualizzazione semantica e di come quest’ultima possa essere eseguita dal punto di vista informatico, mediante l’individuazione della cooccorrenza di due o più termini appartenenti allo stesso “vettore di significato”.

Oggi per pura curiosità, o meglio per distogliere un attimo la testa dal lavoro (bel metodo direte voi :-) ) ho provato a lanciare in Google alcune ricerche di termini singoli che, nella nostra lingua, possono assumere un diverso significato a seconda del contesto e, quindi, degli altri termini che li “circondano”.

Ebbene da questa ricerca mi sono accorto che nello scorso post non avevo considerato un fattore che, sempre di più, sembra capace di influenzare il noto motore di ricerca: gli anchor text.

Che le porzioni di testi linkati abbiano il potere di influenzare in modo significativo il posizionamento di un sito (vedi google boombing) lo si sa da tempo, però non avevo mai considerato quest’altra anomalia generabile dal loro utilizzo.
Mi spiego meglio, magari con qualche esempio divertente per alleggerire la lettura :-)

Ricercando termini come “tasso“, parola che in italiano può assumere vari significati e che di certo non può definirsi un “anchor text competitivo” possiamo vedere come i risultati proposti dal motore di ricerca riportino, come è normale che sia, risultati inerenti i vari significati che il temine può assumere (Torquato Tasso, Tasso inteso come animale, tasso di interesse, ecc.)

Sostituendo la parola “tasso” con termini come “immobile“, o meglio ancora “posizionamento“, keyword ben più competitive come anchor text, ma che in realtà veicolano comunque più significati, vediamo come i risultati proposti da Google prendano in considerazione una sola delle diversi accezioni che i suddetti termini possono assumere (insomma per Google il posizionamento esiste solo se fatto nei motori di ricerca :-) ).

Concludo con una raccomandazione: mi raccomando nelle fasi di link building prestate molta attenzione agli anchor text, chissà se il proprietario del ristorante “Volo Milano” registra più o meno conversioni di Expedia e di Opodo per questa ricerca :-)

Campagne PPA di Google

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Google ha lanciato qualche settimana fa le campagne Pay Per Action riprendendo le modalità performance-based che conosciamo dai circuiti di affiliazione come Zanox e TradeDoubler.
Le campagne vengono avviate in modalità totalmente self-service dagli inserzionisti compilando una scheda prodotto disponibile dal pannello AdWords. La scheda include pochi campi tra cui: nome del prodotto e breve descrizione (che saranno visibili agli editori), url e logo facoltativi, parole chiave relative al tipo di prodotto. Successivamente gli inserzionisti caricano gli annunci di testo, grafici o con link testuali che gli editori potranno scegliere di visualizzare.


Si procede poi alla descrizione del tipo di azione che costituisce l’obiettivo della campagna: bisogna quindi specificare l’azione (contatto, registrazione, vendita ecc) e descrivere brevemente come si raggiunge l’obiettivo di conversione (compilazione di un form, check out, ecc). In questa fase viene inserita anche la remunerazione per gli editori che generano la conversione. Ovviamente anche per queste campagne sono valide le regole già apprese con i circuiti di affiliazione: le descrizioni sono rivolte agli editori e dovranno quindi motivare i siti publisher ad attivare le campagne sia attraverso una descrizione appealing che con una remunerazione incentivante.

I siti pusblisher che andranno a visionare le campagne disponibili sul circuito AdSense Referral (questo il nome delle campagne PPA lato editore) troveranno un elenco di categorie che possono essere interamente aggiunte al carrello oppure esplorate nel dettaglio alla ricerca dei settori e delle campagne più remunerative:

Sono rimasta abbastanza sorpresa dal fatto che le campagne disponibili per gli editori sul cicuito Google AdSense siano ancora veramente poche e mancano ancora la maggior parte delle aziende notoriamente performance oriented. Sarà forse l’assenza di supporto umano nelle operazioni di implementazione/promozione delle campagne o forse il lancio ancora recentissimo di questa operazione da parte di Google con modalità diverse rispetto a quelle che conosciamo dai circuiti di affiliazione, ma mi sembra che il PPA di Google stenti un po’ a decollare. Qualcuno lo sta sperimentando?

Per chi ancora non crede al potere dei blog

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Più e più volte ho parlato dell’importanza che hanno assunto i blog e del loro ruolo nel processo di acquisto, però devo dire che questo esempio reale, raccontato tra l’altro in modo molto simpatico, vale più di un trattato universitario sull’argomento :-)

All’affermazione dell’autore

Meglio avere nel locale la Guardia di Finanza piuttosto che un blogger.

Aggiungererei però:

Meglio avere nel locale la Guardia di Finanza, se si eroga un pessimo servizio, piuttosto che un blogger.

Nascono i video spam engine

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Alcuni giorni fa, incuriosito dalle notizie sulla universal search di Google, e più in particolare della presenza dei video nei risultati naturali del noto motore di ricerca, ho deciso di testare questo comportamento, pubblicando un mini filmato sugli uffici di SEMBOX in Youtube.

(Chiedo scusa per la qualità del video, frutto della videocamera del mio cellulare, e per il sottofondo musicale, frutto dei PESSIMI gusti di Carmine).

Ad oggi (sono passati solo 3 giorni) il video non si è ancora posizionato, e non penso che mai lo farà, nelle SERP di Google, però grazie a questo esperimento ho scoperto uno “spam engine 2.0”,
signori e signori vi presento il video spam engine http://marketingtvvideos.blogspot.com/2007/06/ sembox-agenzia-di-search-marketing.html .
A quanto ho potuto vedere, il blog prende in automatico tutti i video pubblicati su Youtube, taggati con l’etichetta “Marketing”. Che dire: le vie dello spam sono infinite! :-)

P.S: naturalmente anche questo post fa parte dell’esperimento :-)