Una provocazione sugli adsense

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Alcuni giorni fa ho avuto la necessità di ricercare i siti italiani più importanti che utilizzano gli adsense di Google.
Dopo un bel po’ di tempo speso in questa ricerca, sono riuscito ad individuare non più di una decina di siti “nazionali/istituzionali” che rispecchiano questa caratteristica, mentre, non c’è neanche bisogno di dirlo, mi sono imbattuto in molti spam engine e siti settoriali con contenuti ad hoc, costruiti per posizionare gli adsense e “stimolare” la presenza degli annunci più remunerativi.
Giustamente molti siti di e-commerce, siti aziendali e grandi portali(che generalmente utilizzano sistemi di affiliazioni propri) non hanno nessun interesse a utilizzare il circuito di content di Google, perché così facendo rischierebbero di disperdere, su siti esterni, i propri utenti(magari acquisiti pagando adwords o agenzie sem/seo), che se trasformati in clienti genererebbero sicuramente delle conversioni maggiori rispetto al guadagno di un click sugli adsense.
A questo punto lancio una provocazione: ma siamo proprio sicuri che Google voglia eliminare definitivamente gli spam engine o i siti con “contenuto forzato”?
Certo la pulizia delle serp e la qualità dei risultati presentati sono sempre stati i punti di forza del famoso MDR, quindi presentare delle pagine piene zeppe di “risultati farlocchi” danneggerebbe di molto l’immagine di Google, causandogli sicuramente un danno maggiore del guadagno generato dal circuito di content.
Però, il mercato insegna, la giusta soluzione spesso è data dalla ricerca di un punto di equilibrio tra guadagni/risorse/spese/immagine.
Siamo proprio sicuri che Google seguendo questa linea non abbia deciso di eliminare gli spam engine di bassa qualità e di conservare nei propri risultati siti di spam che hanno il pregio di non risultare molto fastidiosi agli occhi degli utenti?
Molte volte ci siamo chiesti come mai la lotta agli spammer proceda a rilento, ma ci siamo mai chiesti cosa ne sarebbe del circuito di content se a sopravvivere fossero solo i “siti seri”?

N.B. il mio post ha il solo scopo di fornire uno spunto di riflessione, non vuole assolutamente essere un attacco ai siti che utilizzano gli adsense :-)

La scelta delle keyword

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Come ho già avuto modo di affermare, la selezione delle parole chiave rappresenta uno degli step fondamentali per una buona azione di SEO. Decidere quali keyword utilizzare per posizionare il nostro progetto è di fondamentale importanza per ottenere dei buoni risultati.
Molte volte nei forum del settore si è affermato, a mio parere in modo errato, che l’importanza di una keyword è data dal numero di risultati che la sua ricerca restituisce. Questa affermazione è figlia di uno degli errori più comuni che si verifica in questo campo, ossia quello che io chiamo autoreferenzialità.
Mi spiego meglio: la scelta delle keyword, per essere di qualità, dovrebbe essere supportata da studi statistici e analisi dei dati raccolti mediante azioni di keyword advertising e non preferendo parole che si ritiene siano più attinenti al tema trattato, dimenticando che noi “addetti ai lavori” non siamo utenti comuni e quindi non rappresentiamo un campione significativo. Il numero dei risultati restituiti da una ricerca è indicativo del numero dei siti che hanno puntato su quella key per il loro posizionamento, e non della frequenza di ricerca effettuata dagli utenti.
Raggiungere degli ottimi posizionamenti è poi rendersi conto che le keyword scelte non veicolano traffico o peggio ancora non sono in linea con il target del nostro cliente è una delle cose peggiori che ci possa accadere.
In questa delicata fase iniziale, se non si dispone di dati storici, è essenziale capire il “modo di esprimersi” del target al quale intendiamo rivolgerci e coprire con cura tutte le possibili alternative individuate. Piccole differenze come ad esempio l’utilizzo di termini come “finanziamento” anziché “prestito” possono rilevarsi importantissime ai fini dei volumi di traffico generati.
Altro consiglio che mi sento di dare, una volta individuate le keyword, è di trattare sia le forme singolari che plurali, osservate ad esempio le differenze che restituiscono 2 query all’apparenza identiche: mutuo, mutui.
Insomma, per concludere, prima di implementare azioni di posizionamento è necessario capire bene cosa ci è utile posizionare.

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Spam asiatico

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Sembra proprio che il mercato web asiatico cresca proporzionalmente alla popolazione cinese, o almeno nascono e si sviluppano tecniche e siti di spam tali da far arrossire noi occidentali.
Giorni fa anche Matt Cutts aveva parlato del fenomeno, però non gli avevo attribuito molto peso(d’altronde non si sa mai quando credere alle parole di Matt e quando no :-) ).
Oggi effettuando un po’ di ricerche in Google sono stato costretto a rivedere le mie posizioni, e, guarda caso, proprio analizzando query riguardanti il nostro settore! Guardate un po’ cosa restituiscono queste ricerche su Google: Seo, Sem e Ranking.
Sembra proprio che i nostri colleghi asiatici abbiano scoperto qualche tecnica che riesce a “bucare” gli algoritmi del famoso MDR.
Un’altra particolarità di questo fenomeno è che si verifica su tutti i google europei: google.fr, .de ecc. ma non su google.com.
Cosa dirvi, io ho già iniziato ad indagare sulle possibili cause che possono produrre questa “anomalia”, se avete dei suggerimenti o spiegazioni, vi posso assicurare che sono ben accette :-)

Cosa cercano gli utenti

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Come ho già avuto modo di dire, una delle mie attività preferite consiste nello spulciare i file di log nel tentativo di capire e analizzare il comportamento degli utenti e le loro preferenze.
Ritengo, infatti, che capire appieno le caratteristiche del target di riferimento sia fondamentale per creare un progetto di successo.
In queste mie analisi, dedico una sostanziosa fetta di tempo allo studio dell’evoluzione del modo di cercare e di utilizzare i motori di ricerca, da tempo sostengo che l’utilizzo delle “keyword secche” nelle query sia in costante diminuzione, a favore di keyphrases più specifiche.
Ultimamente mi sono imbattuto in ricerche bizzarre che, da un certo punto di vista, hanno il merito di suggerire nuove possibili tendenze di evoluzione del settore
In questo articolo vorrei proporvi alcune tra le più divertenti/rappresentative query che ho avuto il piacere di incontrare :-) . Al primo posto menziono quelle che io chiamo “ricerche confidenziali”, in questo gruppo racchiudo tutte le query che vengono proposte in modo diretto e amichevole ai MDR:

Seguono le “ricerche per un futuro migliore”

Al terzo posto seguono le domande di cultura generale:

Naturalmente quelle che ho presentato sono delle divertenti eccezioni, caratterizzate però tutte da un modo più amichevole di rivolgersi ai MDR, che sia questa una delle tendenze del futuro?

Gli obiettivi contrastanti del keyword advertising

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Per i nostalgici delle tematiche legate al settore SEM, eccomi di ritorno dopo una prolungata assenza da SeoTalk dovuta al mio nuovo lavoro in DMC gruppo FullSix che mi sta assorbendo completamente con progetti ambiziosi e interessanti.
Tra gli argomenti che mi trovo più spesso ad affrontare con clienti vecchi e nuovi, ha grande rilevanza la definizione degli obiettivi delle campagne di keyword advertising.
Le aziende che investono sui motori di ricerca hanno per lo più l’esigenza di raggiungere obiettivi di conversione come vendite, richieste preventivi, sottoscrizione di conti bancari o finanziamenti, ecc. mantenendo i costi di acquisizione entro certi limiti che garantiscano un determinato ROI. Questa strategia, di per sé già molto complessa, diventa insostenibile quando le aziende esigono di associare alle conversioni obiettivi di traffico, branding e visibilità dei propri siti.
A questo punto il mio ruolo di consulente SEM mi pone nella difficile posizione di dover sostenere l’impossibilità di raggiungere CONTEMPORANEAMENTE obiettivi come ROI, traffico e branding proprio perché le strategie necessarie a produrre tali effetti sono in contrasto tra loro.
Se si vuole raggiungere un certo ritorno sull’investimento è necessario impostare la campagna selezionando una combinazione di parole chiave molto rilevanti e specifiche che indicano uno stadio piuttosto avanzato nel processo d’acquisto dell’utente, senza incorrere nel famigerato bagno di sangue dovuto alla competizione di keyword generiche molto costose. Anche le creatività in questo caso devono essere incentrate su un’offerta o un selling point specifico ed indicare una “call to action” che spinga l’utente a compiere una determinata azione.
Se invece l’obiettivo è generare volumi consistenti di traffico sul sito è indispensabile utilizzare parole chiave generiche che producono molti click portando ad un’impennata dei costi totali della campagna.
Infine, se si vogliono raggiungere obiettivi di branding è indispensabile mantenere una presenza costante tra le prime posizioni dei link sponsorizzati (difficile affermare il proprio brand con CPC ridotti) e sfruttare tutti i canali associati ai motori tra cui i siti di contenuto che assicurano una presenza ampia e capillare sulla rete, pur generando conversioni esigue e incrementando notevolmente i costi.
In definitiva sarebbe sempre auspicabile definire le priorità di un’azione di search engine marketing e finalizzare le proprie strategie al raggiungimento di un obiettivo preciso. Ma visti i risultati di conversione e direct response ottenibili con il keyword advertising non sarebbe meglio lasciare visibilità e branding a canali forse più consoni?

E se non bastasse?

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Siamo riusciti a posizionare il sito del nostro cliente nelle prime posizioni delle serp di Google per le parole che ci interessano, siamo proprio sicuri di aver raggiunto il nostro risultato?

Il nostro sito incontra davvero le esigenze degli utenti o abbiamo solo acquisito traffico inutile?

Al pari di una campagna di keyword advertising avete mai calcolato il rapporto tra numero di impression (calcolata per difetto) ed il numero di click avuti? E ancora avete mai calcolato il rapporto tra il numero di visitatori e le “conversioni di utenti in clienti?”

Il titolo e descrizione visualizzati nelle serp sono anche user friendly o assecondano solo le logiche dei MDR ripresentando una ripetizione inutile della keyphrase?

Una volta che un utente clicca sul nostro risultato, viene diretto su una pagina chiara e coincisa che contiene in maniera forte una call to action?

Se il posizionamento non ha nessun fine di vendita, ma vuole “solo” di promuovere l’immagine dell’azienda cliente, siete sicuri che la grafica e il linguaggio utilizzato siano appropriati al fine che si vuole perseguire?

Quando si è finalmente in possesso di un po’ di dati sulla navigazione, avete fatto un’approfondita analisi volta a individuare le tecniche di comunicazione che hanno funzionato meglio e quelle che hanno presentato più punti di debolezza?

La comunicazione on line è in linea con la comunicazione off line? Ci rivolgiamo allo stesso target utilizzando lo stesso linguaggio?

Siamo indicizzati per le query che riportano eventuali frasi proposte dalla comunicazione off line?
Avete analizzato la posizione dei link, interni al sito, che sono stati più ciccati e li avete usati in modo strategico?

Durante la vostra attività SEO è nato qualche link spontaneo al vostro lavoro?

Avete implementato una struttura flessibile capace di adattarsi velocemente a eventuali cambiamenti da adottare in corsa?

Pensate che il vostro lavoro sia al riparo da eventuali Dance di Goolge?

Se la risposta a tutte queste domande è si, allora complimenti siete stati davvero bravi!(in questo caso postatemi il vostro lavoro, sono sempre contento di apprendere da chi è più bravo di me) altrimenti è inutile vantarsi di eventuali risultati positivi raggiunti, lavorate in modo da rendere il vostro lavoro davvero di qualità!(e a questo punto postatemi l’url :-) ).

SEO IMPROVISATION

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Ultimamente ho potuto osservare un fenomeno in forte espansione: molte persone che lavorano in web agency o similari, occupandosi di programmazione e/o design, per ragioni di mercato, sono chiamate anche a curare l’ottimizzazione e il posizionamento dei siti web.
Al fianco di chi ha intrapreso questa nuova attività in modo professionale, cioè cercando di informarsi seriamente sulle possibilità e sulle tecniche da utilizzare, vi sono altre persone che, in modo più approssimativo, vanno alla ricerca di fantomatiche scorciatoie e tecniche con la speranza di ottenere miracolosi risultati.
Questo secondo approccio, spesso, genera delle metodologie di lavoro che nulla hanno a che vedere con la logica e la razionalità ma attingono alla sfera emozionale e fantasiosa della mente umana, dando vita a quello che io chiamo “SEO IMPROVISATION”.
In giro per il web, mi sono preso la briga di raccogliere alcune delle tecniche che più di altre mi hanno colpito, divertendomi non poco.
Merita il primo posto di questa classifica, senza nessun dubbio, la tecnica del “SEO EDUCATO”, cioè l’inclusione nelle pagine web di questo meraviglioso tag meta:
<meta name=”GooglePray” content=”Google, please rate me high by keyword …”>
Fossi in Google premierei almeno la cortesia! Però al posto di Msn e Yahoo mi sentirei mortalmente offeso :-)

Segue a ruota chi, pur di aumentare la keyword density, si è inventato un nuovo title:
<meta name=”titles” content=”(stesso contenuto del title)”>

Menziono subito dopo, a pari merito, la tecnica di linkare pagine di Google che riportano delle serp dove si è presenti col proprio sito, con lo scopo di far rilevare al MDR dei backlinks nientemeno che da Google stesso.
<a href=http://www.google.it/search?q=…….>Siamo presenti in Google</a>

Tra gli spam engine segnalo invece la quarta implementazione che mi ha colpito di più: includere in <div> nascosti intere serp di Google riportanti risultati per la key che si intende posizionare.

Sempre allo scopo di migliorare “i contenuti” delle pagine, vi è chi nell’attributo ALT delle immagini include un testo che per lunghezza potrebbe competere con la Divina Commedia :-)

Vi è poi chi pensa che i MDR siano per loro natura distratta e quindi tendono a ripetere più volte lo stesso concetto:
<title>Key da posizionare(ripetuta all’infinito)</title>
<meta name=”description” content=”(stesso contenuto del title)”>
<meta name=”keywords” content=”(stesso contenuto del title”>
per poi ripetere, se non fosse ancora chiaro:
<title>Key da posizionare(ripetuta all’infinito)</title>.

Se fossi uno spider di un MDR mi offenderei a morte, sentendomi ripetere sempre le stesse cose :-)

Non menziono altre tecniche come il testo del colore dello sfondo, bloccare lo scroll della pagine, posizionare dei div con coordinate negative ecc, perché almeno quelle, ahime, in passato hanno generato, se usate bene, notevoli vantaggi.
Vorrei parlare male di questo approccio teso ad individuare facili scorciatoie, ma in fondo la speranza di trovare la “soluzione miracolosa” ha da sempre contraddistinto il genere umano, generando, il più delle volte, episodi che almeno hanno il pregio di farci divertire :-)

Doorway, spieghiamoci il perché!

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La mia ricerca mirata a individuare le ragioni dell’esistenza e della longevità delle doorway page continua implacabile!
Questa volta, però, la spiegazione che mi sono dato abbandona le logiche dei MDR per incontrare logiche aziendali: tutti gli investimenti pubblicitari dalla carta stampa agli spot televisivi al keyword advertising producono degli effetti immediati(attenzione parlo di effetti e non di riscontri, i quali possono avere tempi molto più lunghi o non averne affatto).
Un’azienda che decide di effettuare una campagna pubblicitaria off line ha subito un riscontro visivo del suo investimento: lo spot televisivo, come la pubblicità su carta è visibile nel momento in cui viene effettuato il pagamento al media che si occuperà di diffonderla. Lo stesso vale per le campagne pay per click: una volta attivato un account e deciso i bid e le parole sulle quali investire, si può vedere, in tempi brevissimi, pubblicati i propri annunci.
Per le attività seo “serie”(cioè tese ad aumentare il valore di un sito), invece, la situazione si complica: i tempi necessari per vedere il frutto dei propri investimenti sono decisamente più lunghi, ed in più molteplici fattori impediscono la possibilità di garantire il successo degli interventi effettuati.
Per venire incontro alle richieste dei clienti “meno informati”(abituati subito a valutare un “riscontro visivo” dei propri investimenti), le agenzie seo sono costrette ad affiancare, nel migliore dei casi, tecniche strutturate sul lungo periodo e tecniche che producono dei risultati più immediati: le doorway pages!
Certo, questo discorso fa acqua da tutti i lati, visto che il cliente dovrebbe avere una logica di lungo periodo e non avere come obiettivo solo quello di aumentare le visite al proprio sito, ma tendere al miglioramento anche di altri fattori molto più importanti come la qualità del traffico veicolato, i livelli di conversione e la stabilità dei risultati ottenuti.
Ma si sa che nella realtà, il più delle volte, non è così!
Dite la verità: vi hanno chiesto più volte quanto le vostre attività hanno migliorato la qualità di un sito, oppure quanti visitatori unici hanno procurato le vostre pagine?

Doorpage vs qualità

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Leggendo i riassunti delle giornate del Ses di New York di Marco Loguercio, sono stato particolarmente colpito da un’affermazione di Bruce Clay:

se in una industry dominano le doorway pages, Google vede quel tipo di siti come standard per quella industry, quindi per ottenere visibilità dovrai per forza fare spam”.

Insomma per avere la meglio sui competitor bisogna batterli sul loro stesso terreno!
Al di fuori dell’eterna discussione doorway verso contenuti e fattori esterni, una cosa che mi ha dato molto da pensare è il contesto che caratterizza un settore.
Si è spesso parlato del differente comportamento di Google a seconda del settore, io stesso ho affermato che in settori poco competitivi e con pochi risultati i filtri applicati sono molto più permissivi.
Non mi ero mai fermato, però, al considerare che anche Google potesse essere “vittima” di un “contesto comunicazionale”.
Mi spiego meglio: se in un settore tutti i principali competitor utilizzassero le stesse tecniche illecite, Google potrebbe decidere di lasciar passare la cosa in modo da presentare comunque un ricco indice per quella determinata query.
Per dirla in termini matematici, potremmo immaginare una sorta di campana di Gauss: una volta stabilito uno standard di settore, decido un grado di tolleranza e di discrepanza dallo stesso, ed elimino tutti gli agenti che superano tali limiti.
In verità questa teoria viene messa pesantemente in discussione dal forte peso che Google, negli ultimi tempi, ha dato ai fattori esterni, lasciando intravedere una forte volontà tesa ad eliminare i siti spam e doorway pages a favore di siti dai contenuti validi.


Però una domanda nasce spontanea: cosa succederebbe se , dopo l’applicazione dei nuovi filtri, per determinati settori non venissero individuati un numero significativo di siti di qualità? :-)