Alcuni inserzionisti fuggono da Google

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Riprendo un articolo pubblicato da MarketWatch all’inizio di gennaio in cui si denuncia un taglio del budget destinato a Google da parte di alcuni grandi player del mercato ecommerce. Tra le ragioni della riduzione di budget: un aumento consistente della competizione, un incremento dei bid tra il 40 e il 60% e una diminuzione del tasso di conversione.
Secondo la mia esperienza, i motori di ricerca si sono rivelati finora il canale più efficiente da un punto di vista economico in grado di produrre i migliori tassi di conversione al minor costo di acquisizione rispetto ad altri canali di online marketing.
Ma che cosa succederebbe se il cost per click continuasse ad aumentare fino a rendere l’attività inefficiente e producendo un costo di acquisizione che non rispetta gli obiettivi?
Come cambierebbe lo scenario dell’online advertising se gli inserzionisti pensassero di chiudere i rubinetti agendo in una logica meno “Googlecentrica”?
Possiamo forse ipotizzare che il tanto auspicato ingresso di MSN diminuirà il potere di Google, aumentando la concorrenza nel keyword advertising e riducendo quindi il cost per click o possiamo invece pensare ad una sorta di andamento ciclico degli investimenti in search advertising. Possiamo anche immaginare che saranno altri canali a garantire un ROI più elevato tra cui forme di advertising sui portali verticali e comunità online, circuiti di affiliazione, siti di shopping comparativo.
Ipotesi di scenari vari sono ben accetti, che ne pensate?

SEO d’artista

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Il mio buon amico SergioF4, storico e apprezzato nik dei forum italiani sui motori di ricerca, di ritorno da uno degli innumerevoli viaggi che per sua fortuna riesce a fare (la mia è tutta invidia!!) mi ha appena segnalato la sua formidabile scoperta: Oscar Wilde insegnava SEO!


Ho sempre sostenuto che per fare bene il SEO bisogna essere degli ottimi scrittori, ma non pensavo fino a questo punto :-)

Il giusto mix di Brand e Non-Brand keywords

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Nelle campagne di keyword advertising dove si promuove un prodotto o un servizio con un brand molto forte, sono chiaramente le parole di brand ad avere un ruolo prioritario e a volte praticamente esclusivo nella generazione di conversioni. Si pensi ad esempio alle grandi compagnie assicurative o ai big player nell’entertainment dove oltre il 70% delle conversioni è legata ad utenti che cercano con keyword di brand, che digitano ad esempio la parola “abbonamenti SKY cinema” anziché “cinema d’autore”
Visto l’enorme potenziale delle keyword di brand, possiamo porci alcune domande su come impostare un giusto mix di parole chiave in una campagna:

  • E’ auspicabile implementare una campagna con sole parole di brand?
  • Qual è il ruolo delle parole generiche nel processo di ricerca/conversione dell’utente?
  • Come contribuiscono le parole generiche ad alimentare il successo di una campagna?

Partendo dal presupposto che le risposte a queste domande possono variare molto in base al settore preso in esame e alle caratteristiche proprie di ogni campagna, ho analizzato alcuni dati riportati da uno studio realizzato negli Stati Uniti combinandoli ad analisi effettuate su alcune campagne che seguo. Lo studio giunge a conclusioni molto interessanti su comportamento di ricerca e processo di acquisto degli utenti che utilizzano parole di brand o generiche:


Questo grafico mostra come oltre il 90% delle ricerche siano effettuate su parole generiche che si traducono poi nel 20% delle conversioni. Al contrario le parole di brand vengono cercate solo dal 5% degli utenti che però convertono al 79%. Si comprende quindi il ruolo fondamentale delle parole generiche nel sostenere i volumi di traffico alla campagna rivolgendosi a quella preziosa fetta di utenti che non ha un brand di riferimento ma che cerca un prodotto generico.
Il successo di una campagna di keyword advertising risiede proprio nella capacità di orientare questi consumatori “indecisi” verso il proprio prodotto e verificare che, auspicabilmente, la seconda ricerca avvenga proprio con una parola di brand che indica a questo punto una maggiore predisposizione all’acquisto:


Questo grafico mostra infatti che gli utenti che hanno digitato parole di brand durante tutto il processo di conversione dal primo all’ultimo click hanno una forte predisposizione all’acquisito con una percentuale di conversione del 9,3%. Coloro che invece hanno iniziato le ricerche con una parola generica e terminano il processo di acquisto con un parola di brand corrispondono a 8,7% quindi un’ottima percentuale di utenti che sono stati esposti al brand partendo da ricerche totalmente generiche, lo hanno conosciuto, sono tornati ed hanno completato la transazione.

Webmarketing e Motori di Ricerca (cambio feed)

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Nuovo network italiano di Feedburner

Ieri è stato dato l’annuncio ufficiale: grazie a Feedburner, alle possibilità offerte dalla sua piattaforma e a Simone Carletti che si è fatto promotore e amministratore di questo nuovo progetto, nasce il primo network italiano dedicato ai motori di ricerca. L’intenzione, come afferma Simone, è quella di fornire spunti di approfondimento e di riflessioni sul mondo del search marketing aggregando le notizie e gli articoli provenienti da blog italiani del settore.
Per ulteriori approfondimenti rimandiamo al comunicato ufficiale, da parte nostra non possiamo che ringraziare l’ideatore del network per averci proposto di far parte di questo progetto e invitarvi a sottoscrivere il feed

Cogliamo l’occasione per dirvi che il nostro blog cambia feed (scusateci per la rottura di scatole, ma ci sembra doveroso slittare su feedburner :-) ), il nuovo lo trovate qui

L’importanza del Bounce Rate

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Spesso le attività di SEO vengono erroneamente giudicate mediante pochi macro-parametri quali:

  • Il numero di posizionamenti utili raggiunti
  • Il volume di visitatori generati
  • Il numero di conversioni/contatti generati

I suddetti indici, senza dubbio utili a fornire una prima analisi sull’andamento delle attività messe in essere, non possono da soli dare un quadro esaustivo delle performance di una campagna di Search Engine Optimization, anzi spesso finiscono col rivelarsi causa di forti errori di valutazione.
Il numero di posizionamenti raggiunti e il volume di visitatori generati, infatti, rappresentano degli indici “facilmente” alterabili mediante la produzione di pagine e/o siti aventi tutte le caratteristiche richieste dai motori di ricerca, ma “poco consone” alle logiche legate agli utenti, es:

N. B. L’immagine è alterata per non denigrare ne pubblicizzare nessuna azienda o agenzia

Il numero di conversioni generate, d’altro canto, non dipende solo dalla bontà delle attività di SEO che si sono messe in opera, ma anche da altri importanti fattori quali:

  • La qualità del prodotto offerto
  • La convenienza del prodotto offerto
  • Il brand dell’azienda

E’ chiaro quindi che una valutazione corretta delle attività SEO non può essere legata solo ai suddetti 3 indici ma deve considerare una moltitudine di altri parametri, tra i quali:

  • Il numero di visitatori che ritornano sul sito
  • Il numero di pagine viste
  • La qualità della comunicazione veicolata
  • La persistenza nel tempo dei risultati ottenuti
  • Il bounce rate

Mentre i primi parametri citati non hanno bisogno di spiegazione, in questo articolo voglio dedicare un’attenzione particolare al bounce rate (tasso di rimbalzo), ossia il numero di visitatori che abbandona il sito dopo aver visto una sola pagina. Personalmente ritengo che questo parametro sia molto importante non solo per effettuare varie analisi riguardanti elementi interni al sito quali:

  • L’appeal grafico
  • L’efficacia della comunicazione veicolata
  • L’efficacia dell’albero di navigazione del sito
  • L’efficazia del menù di navigazione
  • La completezza dei contenuti
  • L’appeal delle, eventuali, gateway pages

Ma anche per capire se, a monte, nella scelta delle keyword e della modalità di comunicazione adottata per veicolare le informazioni, si è delineato con esattezza il target di riferimento.

Più domini ma un solo contenuto

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Spesso le aziende, giustamente, acquistano più domini, nelle varie estensioni, riportanti il nome del proprio brand o del prodotto che intendono lanciare.
Capita così che siti dal nome simile come “TroisiMinollo.it” e “Troisi-Minollo.it”, “TroisiMinollo.com”, ecc. facciano capo allo stesso proprietario ed erroneamente riportino gli stessi contenuti.
Più volte mi è capitato di spiegare ai clienti i rischi e le penalizzazioni che derivano da questa situazione, oggi dopo l’ennesima mail sull’argomento, mi sono reso conto che questo tema non è ancora molto conosciuto.
In questo post cercherò di evidenziare, in modo più breve possibile (anche se la sintesi non è il mio forte) quali sono i rischi di avere dei siti clone e come possiamo evitare eventuali penalizzazioni:
Rendere accessibili gli stessi contenuti attraverso più indirizzi web espone i diversi domini a due grandi svantaggi per i motori di ricerca:

  1. Possibile penalizzazione mediante il filtro antiduplicazione
  2. Dispersione del pagerank e della link popularity

1. Penalizzazione mediante il filtro antiduplicazione
Al fine di preservare una buona qualità delle SERP (Search engine result pages) e di evitare risultati ridondanti, i motori di ricerca escludono dai loro listing
le pagine e /o siti che riportano contenuto non originale (ossia contenuto già presente in altri siti).
L’algoritmo che si occupa di individuare e penalizzare i testi duplicati è meglio conosciuto con il nome di “filtro antiduplicazione”.

Il funzionamento del suddetto filtro può essere riassunto nei seguenti step:

  1. Individuazione di file riportanti contenuto duplicato
  2. Individuazione del dominio considerato fonte primaria dell’informazione
    (la selezione viene eseguita mediante vari indici:pagerank, link popularity, frequenza di aggiornamento, ecc.)
  3. Esclusione dal listing dei risultati dei “siti cloni”.

2. Dispersione del pagerank e della link popularity
Il PageRank è un indice di qualità rappresentato da un valore numero compreso in un range da 0 a 10 assegnato da Google ad ogni singola pagina web.
Il suo valore deriva da un rapporto matematico tra link in entrata e link in uscita.

  • I link in entrata sono il numero di link che una pagina riceve
  • I link in uscita rappresentano il numero di link che una pagina contiene verso altri siti

Il pagerank si basa sul concetto di link popularity: numero di link che un sito riceve da altri siti esterni, che possono provenire da articoli, rassegne stampa e da gestori di altri domini web che ritenendo validi i contenuti di un sito decidono di linkarlo dal proprio. Rendere disponibili gli stessi contenuti su più domini fa si che questi possano essere linkati attraverso differenti URL, disperdendo così il numero di link totali di un sito e quindi il suo Pagerank.
Come correre ai ripari
Al fine di conservare i nomi dei domini attuali ed evitare le suddette penalizzazioni è necessario:

  • Scegliere il dominio che si desidera avere come dominio principale
  • Redirezionare tutti gli altri domini, mediante un redirect 301 (o 302 se si ha intenzione in futuro di utilizzare i domini secondari inserendo però contenuti diversi), sul “dominio fonte”

N.B. La redirezione non deve interessare solo la home page e non deve redirigere tutte le pagine di un dominio sulla home di un altro, ma deve essere implementata in modo tale che ciascuna pagina rediriga sulla corrispondente pagina del dominio principale.
Es: volendo scegliere sito.it come dominio principale, la URL
www.sito.com/pippo.html
dovrà redirigere a
www.sito.it/pippo.html

Meta tag keyword: la rivincita!

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E’ ormai opinione diffusa che gli algoritmi dei motori di ricerca sono troppo evoluti per farsi influenzare dal contenuto inserito nei meta tag description e keyword: sarebbe troppo facile popolare il tag keyword con le parole chiave che ci interessano e migliorare così il posizionamento di un sito nelle SERP dei motori di ricerca.
Personalmente ho abbandonato l’uso del meta keyword molto tempo fa, mentre dedico tutt’ora un’attenzione particolare alla description, non con lo scopo influenzare il posizionamento ma per assicurarmi che nei risultati dei MDR venga visualizzato un messaggio di appeal e migliorare di conseguenza il click rate.
Questa mattina ho deciso di controllare alcuni siti, che utilizzo come laboratorio, con lo strumento messo a disposizione da Google per rilevare le parole chiave correlate al sito e devo dire che sono rimasto deluso nel constatare che in tre dei suddetti siti questo strumento rilevava solo 2/3 keyword.
Analizzando il codice html dei suddetti siti ho notato che nessuno dei tre conteneva i tag meta, così ho deciso di popolare il tag description e di ripetere l’analisi con lo stesso tool, ebbene già con la sola description i termini individuati dallo strumento sono aumentati di numero arrivando ad una media di 6/7. Incuriosito dal risultato, ho inserito il tag keyword nelle pagine e ripetuto nuovamente l’analisi, non ci crederete ma a questo punto le keyword rilevate dallo strumento sono aumentate esponenzialmente!
Affermare che i meta tag influenzano il posizionamento mi sembra assolutamente eccessivo, però mi sembra altrettanto strano che i suddetti tag godano di una considerevole attenzione da parte dello strumento che Google utilizza per rilevare le parole chiave correlate a un sito!
Se poi consideriamo che, almeno come asserisce SEOMOZ:” Google doesn’t appear to use meta-keywords to rank webpages/sites. But Yahoo! does.
mi sembra il caso di chiudere il post con una citazione “… a volte ritornano…” :-)

Convivenza SEO – Keyword Advertising

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Ultimamente troppe volte abbiamo assistito sia sui forum che sui blog che agli eventi informativi di settore a dispute un po’ infantili volte a stabilire una priorità tra il SEO e il Keyword Advertising sminuendo di volta in volta l’importanza e l’efficacia dell’altro canale. Proprio in questo momento di crescita del Search Engine Marketing ci si aspetterebbe dagli operatori del settore uno sforzo comune per promuovere e far crescere l’interesse delle aziende verso le due attività congiunte. Ci proponiamo in questo articolo di evidenziare alcune caratteristiche specifiche del SEO e del Keyword advertising in modo da sottolineare i benefici che si possono generare dall’impiego strategico e sinergico delle due canali.

Caratteristiche Key Adv

  • Il keyword advertising permette di essere presenti sui motori diricerca in tempi brevissimi.
  • Il keyword advertising è una forma di pubblicità online estremamente flessibile che permette un monitoraggio in tempo reale e conseguenti ottimizzazioni sulla base dei risultati. Anche le creatività possono essere quindi modificate secondo gli obiettivi aziendali.
  • Tramite i link sponsorizzati si possono testare rapidamente e con investimenti contenuti le risposte del mercato e capire il comportamento degli utenti verso il prodotto o servizio pubblicizzato
  • I dati di performance ottenuti dal keyword advertising possono essere utilizzati per rendere più efficiente l’attività di SEO.

Caratteristiche SEO

  • Le attività di SEO esprimono la loro efficacia nel medio/lungo periodo. Investire nel Search Engine Optimization vuol dire intraprendere un’attività di valorizzazione del sito web in modo da seguire e anticipare le logiche dei motori d ricerca.
  • Le attività Search Engine Optimization non hanno effetti riscontrabili nell’immediato (a causa dei tempi fisiologici di indicizzazione dei motori di ricerca) ma acquisiscono valore nel tempo, rendendo quasi nullo, nel lungo periodo, il costo per acquisizione di nuovi clienti.
  • I costi del Search Engine Optimization non sono legati al livello di concorrenza del settore, quindi permettono di effettuare un piano di investimento stabile nel tempo, senza essere influenzati dal numero di competitor presenti nel mercato.

Vantaggi provenienti da un’attività integrata

  • Essere presenti in entrambi gli spazi di visibilità presenti nei motori di ricerca aumenta la percezione che gli utenti hanno dell’azienda facendola percepire come leader nel settore
  • L’utilizzo in contemporanea dei due canali permette di adottare messaggi comunicazionali diversi che si rivolgono a differenti tipologie di target

Noi due, lavorando congiuntamente sulle strategie di Search Engine Marketing non potremmo mai pensare di escludere una attività a favore dell’altra, proprio perché la massimizzazione dei risultati è frutto della sinergia e della combinazione strategica dei due mezzi.

Il marketing multicanale aumenta le conversioni

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Definire un piano di comunicazione integrata significa non solo combinare i canali di comunicazione che risultano più efficaci e più efficienti nel raggiungimento degli obiettivi prefissati ma anche misurare i risultati ottenuti dalla sinergia dei canali.
Uno studio realizzato la scorsa estate da Atlas Institute mostra che la combinazione di search e display advertising è in grado di produrre un effetto lift nelle conversioni pari al 22%: questo significa che utenti esposti sia ad una campagna banner che ad una campagna di keyword advertising convertono ad un tasso più alto del 22% rispetto ad utenti che hanno cliccato solo sui link sponsorizzati.
Gestendo molte campagne di comunicazione online integrata abbiamo avuto modo di effettuare analisi simili ottenendo risultati che mostrano un effetto lift più o meno rilevante in base ai settori presi in esame. Ad esempio su una campagna che ha come obiettivo la sottoscrizione di abbonamenti online abbiamo verificato un effetto sinergico tra display e search advertising che produce un effetto lift nelle conversioni pari al 15%.
In base ai dati mostrati nei case study di Google l’effetto sinergico tra campagne di search, content e site targeting produce un effetto lift pari al 22% rispetto ad utenti esposti al solo canale di ricerca.
La misurazione dell’effetto sinergico presenta diverse difficoltà in quanto non solo necessita di strumenti che permettono di tracciare le azioni post click su più canali ma può essere fortemente influenzata dalla stagionalità del business. Ad esempio nel settore travel, se immaginiamo di confrontare il tasso di conversione ottenuto in un periodo in cui è attiva solo una campagna di keyword advertising con quello ottenuto durante una campagna multicanale, dobbiamo scegliere un periodo di stagionalità simile affinché i risultati non siano inficiati da fattori esterni.
L’analisi dell’effetto lift porta però ad interessanti considerazioni strategiche che riguardano ad esempio la scelta delle parole chiave e l’aumento del CPC su keyword maggiormente utilizzate da utenti già esposti ad altri canali.
La misurazione dell’effetto lift può fornire inoltre spunti interessanti anche per determinare l’allocazione del budget e l’analisi dei ROI, valutando il risultato finale come performance complessiva del piano di comunicazione integrato e sinergico.

Considerazione sugli Spam Engine (parte 3°)

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Sono così arrivato a parlare del secondo vantaggio che ho attribuito agli spam engine:
“Aumentano la visibilità dei siti che utilizzano i network di affiliazione, partecipando alla costruzione della notorietà di questi ultimi.”
La visibilità di un messaggio on line, sia esso testuale (link sponsorizzato, risultati naturali, link, ecc.) o grafico (banner, pop up, ecc) ha come principale indice di performance la generazione di un click: incuriosire un utente a tal punto da convincerlo a cliccare sulla creatività, è senz’altro l’obiettivo principale che persegue chi progetta e implementa il messaggio stesso.
Come dicevo prima, però, il click rate (rapporto tra impression e click) non è l’unico indice qualitativo di una creatività on line: un utente esposto più volte a un messaggio pubblicitario (anche se non clicca sul banner/ testo) tende a ricordare il brand e/o il messaggio veicolato dalla creatività e a ricercarlo in un secondo momento.
Un aumento di visibilità dovuta a una campagna promozionale, sia on che off line, nel medio lungo periodo genera nel web, quasi sicuramente, un aumento delle ricerche legate al brand o al pay off contenuta nella creatività.
Seguendo questa logica, quindi, gli spam engine aumentando la visibilità dei siti che investono nelle piattaforme di pay per click, partecipano alla costruzione della notorietà della marca di questi ultimi.
Le ricerche legate al brand, inoltre, generalmente sono anche quelle che richiedono un costo per click più basso e convertono più facilmente un utente in cliente, quindi, sempre secondo la stessa logica, gli spam engine non solo aumentano la notorietà della marca, ma abbassano il costo di acquisizione di queste ultime! :-)