Url Search Engine Friendly

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Una delle domande che mi sono più spesso sentito rivolgere riguarda l’importanza della presenza della keyword principale nella URL.
A questa domanda, come tante altre relative al SEO, spesso rispondo nel seguente modo: Google ha dichiarato di considerare almeno 100 fattori nel processo che definisce il posizionamento di un sito nei risultati naturali, avere un solo fattore sfavorevole o favorevole, quindi non è assolutamente causa di esclusione o di successo nelle SERP, però è anche vero che tutti gli elementi concorrono, in diverse misura, alla definizione del posizionamento di un sito.
Nel caso delle URL, la loro ottimizzazione apporta due tipologie di vantaggi: una legata ai motori di ricerca, l’altra legata agli utenti.
Un indirizzo web “parlante” (ossia, breve, significativo e inerente all’argomento trattato) sarà sicuramente ricordato più facilmente dagli utenti rispetto ad una URL indecifrabile (su questo punto vorrei sottoporre alla vostra attenzione le URL che sono riusciti ad inventarsi gli sviluppatori del tanto chiacchierato portale www.italia.it, es: http://www.italia.it/it/guide/5,it,SCH1/objectId,IND58128Pit,curr,
EUR,parentId,RGN8603it,season,at1,selBlk,RBLOCKBLK,selElem,
BKE11Xit/intern.html :-) ).
In questo post ho pensato di elencare le principali regole che dovrebbero guidare una corretta stesura delle url:
Oltre alle regole consigliate da Google, tra le quali:

  1. Evitare un numero eccessivo di parametri.
  2. Veicolare il parametro sessionID negli indirizzi web (es:sitoweb.it?Sid=321321456): molti siti assegnano un numero univoco ad ogni visitatore. Questo valore veicolato attraverso le URL può causare notevoli svantaggi in quanto rende diversi gli indirizzi web ad ogni passaggio degli spider dei MDR sul sito.

Se non avete la possibilità di effettuare il rewrite delle url mediante htaccess (se siete su Apache) o filtri isapi su server Windows, il mio consiglio è di:

  • Prevedere una giusta gerarchia tra i file, evitando di allontanarsi il meno possibile dalla root del sito, in modo da disperdere meno pagerank possibile e conservare una lunghezza accettabile delle URL.
  • Evitare di essere “anonimi“ nella scelta del nome dei parametri: se ad esempio stiamo sviluppando un sito per una catena alberghiera, al posto del solito parametro “id=” (utilizzato per differenziare le varie strutture) potremmo utilizzare il parametro “hotel=”.
  • Valorizzare i parametri con dati “parlanti”: la maggior parte dei programmatori utilizza assegnare ai parametri solo dati numerici (dati che poi verranno utilizzati nelle interrogazioni al database). A questo valore, con un po’ di fantasia, potremmo affiancare un dato testuale descrittivo. Es: il parametro id=5 può diventare hotel=5|Nome hotel (questo valore una volta letto può essere splittato in modo da ricavare il solo dato numerico utile nelle select al DB).
  • Evitare di rendere le URL lunghe, e a mio avviso ridicole, nel solo tentativo di includere le keyword nell’indirizzo web: spesso mi è capitato di vedere degli indirizzi web del tipo “www.esempiosito.it/prestiti/prestiti-personali/prestiti-studenti.it”. Va bene assecondare le logiche dei motori, ma in questo caso si cade nel ridicolo e si rischia di essere penalizzati per sovraottimizzazione. Senza contare che questa struttura implica un allontanarsi notevolmente dalla root del sito.

Mi sento di concludere questo post con un ultimo consiglio: evitate di impazzire nella ricerca di un dominio che contenga una keyword significativa al suo interno, se il dominio che avevate scelto è gia occupato, non preoccupatevi, avete altri 99 fattori da utilizzare nella vostra attività di SEO :-) .

Novità da SeoTalk (Parte 1)

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Quest’anno è iniziato all’insegna di qualche novità professionale sia per me che per Salvatore, che annuncerà grandi notizie, in settimana, nella seconda parte dell’articolo.

Per quanto mi riguarda, partendo dalla passione per il mondo del search engine marketing (che continuerà ad essere un caposaldo della mia professione) ho deciso di intraprendere un percorso lavorativo che mi permetta di integrare in modo sempre più sinergico i canali di comunicazione legati all’inarrestabile Web 2.0, dai circuiti blog al social networking ecc. ecc.
Mi occuperò inoltre di mobile marketing, un mondo nuovo e promettente, nel quale si stanno definendo svariate possibilità di comunicazione e marketing che possano sfruttare il grande potenziale del mezzo.
Quindi unendo canali web e mobile, la scelta è stata Dada Ad, in cui ricopro un ruolo di supervisione strategica dei progetti di online e mobile marketing unitamente ad attività di new business.

La nuova esperienza professionale porterà certamente qualche approfondimento per SeoTalk dove vorrei condividere qualche chicca sul mondo mobile in cui la logica del search marketing continuerà ad essere un grande fattore critico di successo.

La catena delle 5 cose

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Di ritorno da una, purtroppo breve, vacanza a Salerno, ho scoperto di essere stato nominato da Andrea nella “catena delle 5 cose che non sai di me”.
Naturalmente non posso che accettare l’invito e ringraziare chi ha voluto coinvolgermi in questo gioco:

  1. Da sempre mi diletto a strimpellare qualche strumento musicale: ho iniziato a sei anni con il pianoforte per poi passare verso i 10 anni al clarinetto, nell’età adolescenziale ho poi scelto la chitarra e, poi, verso i 17 anni definitivamente il sassofono. Strumento che ancora adesso mi diletto a suonare.
  2. Sono un amante della buona cucina mediterranea e del vino: sfortunatamente con l’età questa passione inizia ad avere i suoi indesiderati effetti negativi :-(
  3. Per tre anni ho praticato kick boxing: strano ma da quando ho smesso gli effetti di cui sopra si fanno sempre più evidenti :-)
  4. Vi sembrerò controcorrente, ma mi piacciono molto le feste in famiglia: in tutto siamo solo 2 fratelli, ma posso vantare ben 12 cugini (ora quasi tutti sposati con prole) che rivedo davvero sempre con molto piacere.
  5. Da buon campano DOC ho fatto il pizzaiolo: durante gli anni universitari come lavoretto extra mi sono divertito ad avvelenare i malcapitati avventori di una pizzeria nei pressi dell’ateneo di Salerno.

Mi sembra giunto il momento di nominare a mia volta 5 persone:
Marco, Alessandro, Simone, Stefano,
Fabio

Alcuni inserzionisti fuggono da Google

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Riprendo un articolo pubblicato da MarketWatch all’inizio di gennaio in cui si denuncia un taglio del budget destinato a Google da parte di alcuni grandi player del mercato ecommerce. Tra le ragioni della riduzione di budget: un aumento consistente della competizione, un incremento dei bid tra il 40 e il 60% e una diminuzione del tasso di conversione.
Secondo la mia esperienza, i motori di ricerca si sono rivelati finora il canale più efficiente da un punto di vista economico in grado di produrre i migliori tassi di conversione al minor costo di acquisizione rispetto ad altri canali di online marketing.
Ma che cosa succederebbe se il cost per click continuasse ad aumentare fino a rendere l’attività inefficiente e producendo un costo di acquisizione che non rispetta gli obiettivi?
Come cambierebbe lo scenario dell’online advertising se gli inserzionisti pensassero di chiudere i rubinetti agendo in una logica meno “Googlecentrica”?
Possiamo forse ipotizzare che il tanto auspicato ingresso di MSN diminuirà il potere di Google, aumentando la concorrenza nel keyword advertising e riducendo quindi il cost per click o possiamo invece pensare ad una sorta di andamento ciclico degli investimenti in search advertising. Possiamo anche immaginare che saranno altri canali a garantire un ROI più elevato tra cui forme di advertising sui portali verticali e comunità online, circuiti di affiliazione, siti di shopping comparativo.
Ipotesi di scenari vari sono ben accetti, che ne pensate?

SEO d’artista

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Il mio buon amico SergioF4, storico e apprezzato nik dei forum italiani sui motori di ricerca, di ritorno da uno degli innumerevoli viaggi che per sua fortuna riesce a fare (la mia è tutta invidia!!) mi ha appena segnalato la sua formidabile scoperta: Oscar Wilde insegnava SEO!


Ho sempre sostenuto che per fare bene il SEO bisogna essere degli ottimi scrittori, ma non pensavo fino a questo punto :-)

Il giusto mix di Brand e Non-Brand keywords

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Nelle campagne di keyword advertising dove si promuove un prodotto o un servizio con un brand molto forte, sono chiaramente le parole di brand ad avere un ruolo prioritario e a volte praticamente esclusivo nella generazione di conversioni. Si pensi ad esempio alle grandi compagnie assicurative o ai big player nell’entertainment dove oltre il 70% delle conversioni è legata ad utenti che cercano con keyword di brand, che digitano ad esempio la parola “abbonamenti SKY cinema” anziché “cinema d’autore”
Visto l’enorme potenziale delle keyword di brand, possiamo porci alcune domande su come impostare un giusto mix di parole chiave in una campagna:

  • E’ auspicabile implementare una campagna con sole parole di brand?
  • Qual è il ruolo delle parole generiche nel processo di ricerca/conversione dell’utente?
  • Come contribuiscono le parole generiche ad alimentare il successo di una campagna?

Partendo dal presupposto che le risposte a queste domande possono variare molto in base al settore preso in esame e alle caratteristiche proprie di ogni campagna, ho analizzato alcuni dati riportati da uno studio realizzato negli Stati Uniti combinandoli ad analisi effettuate su alcune campagne che seguo. Lo studio giunge a conclusioni molto interessanti su comportamento di ricerca e processo di acquisto degli utenti che utilizzano parole di brand o generiche:


Questo grafico mostra come oltre il 90% delle ricerche siano effettuate su parole generiche che si traducono poi nel 20% delle conversioni. Al contrario le parole di brand vengono cercate solo dal 5% degli utenti che però convertono al 79%. Si comprende quindi il ruolo fondamentale delle parole generiche nel sostenere i volumi di traffico alla campagna rivolgendosi a quella preziosa fetta di utenti che non ha un brand di riferimento ma che cerca un prodotto generico.
Il successo di una campagna di keyword advertising risiede proprio nella capacità di orientare questi consumatori “indecisi” verso il proprio prodotto e verificare che, auspicabilmente, la seconda ricerca avvenga proprio con una parola di brand che indica a questo punto una maggiore predisposizione all’acquisto:


Questo grafico mostra infatti che gli utenti che hanno digitato parole di brand durante tutto il processo di conversione dal primo all’ultimo click hanno una forte predisposizione all’acquisito con una percentuale di conversione del 9,3%. Coloro che invece hanno iniziato le ricerche con una parola generica e terminano il processo di acquisto con un parola di brand corrispondono a 8,7% quindi un’ottima percentuale di utenti che sono stati esposti al brand partendo da ricerche totalmente generiche, lo hanno conosciuto, sono tornati ed hanno completato la transazione.

Webmarketing e Motori di Ricerca (cambio feed)

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Nuovo network italiano di Feedburner

Ieri è stato dato l’annuncio ufficiale: grazie a Feedburner, alle possibilità offerte dalla sua piattaforma e a Simone Carletti che si è fatto promotore e amministratore di questo nuovo progetto, nasce il primo network italiano dedicato ai motori di ricerca. L’intenzione, come afferma Simone, è quella di fornire spunti di approfondimento e di riflessioni sul mondo del search marketing aggregando le notizie e gli articoli provenienti da blog italiani del settore.
Per ulteriori approfondimenti rimandiamo al comunicato ufficiale, da parte nostra non possiamo che ringraziare l’ideatore del network per averci proposto di far parte di questo progetto e invitarvi a sottoscrivere il feed

Cogliamo l’occasione per dirvi che il nostro blog cambia feed (scusateci per la rottura di scatole, ma ci sembra doveroso slittare su feedburner :-) ), il nuovo lo trovate qui

L’importanza del Bounce Rate

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Spesso le attività di SEO vengono erroneamente giudicate mediante pochi macro-parametri quali:

  • Il numero di posizionamenti utili raggiunti
  • Il volume di visitatori generati
  • Il numero di conversioni/contatti generati

I suddetti indici, senza dubbio utili a fornire una prima analisi sull’andamento delle attività messe in essere, non possono da soli dare un quadro esaustivo delle performance di una campagna di Search Engine Optimization, anzi spesso finiscono col rivelarsi causa di forti errori di valutazione.
Il numero di posizionamenti raggiunti e il volume di visitatori generati, infatti, rappresentano degli indici “facilmente” alterabili mediante la produzione di pagine e/o siti aventi tutte le caratteristiche richieste dai motori di ricerca, ma “poco consone” alle logiche legate agli utenti, es:

N. B. L’immagine è alterata per non denigrare ne pubblicizzare nessuna azienda o agenzia

Il numero di conversioni generate, d’altro canto, non dipende solo dalla bontà delle attività di SEO che si sono messe in opera, ma anche da altri importanti fattori quali:

  • La qualità del prodotto offerto
  • La convenienza del prodotto offerto
  • Il brand dell’azienda

E’ chiaro quindi che una valutazione corretta delle attività SEO non può essere legata solo ai suddetti 3 indici ma deve considerare una moltitudine di altri parametri, tra i quali:

  • Il numero di visitatori che ritornano sul sito
  • Il numero di pagine viste
  • La qualità della comunicazione veicolata
  • La persistenza nel tempo dei risultati ottenuti
  • Il bounce rate

Mentre i primi parametri citati non hanno bisogno di spiegazione, in questo articolo voglio dedicare un’attenzione particolare al bounce rate (tasso di rimbalzo), ossia il numero di visitatori che abbandona il sito dopo aver visto una sola pagina. Personalmente ritengo che questo parametro sia molto importante non solo per effettuare varie analisi riguardanti elementi interni al sito quali:

  • L’appeal grafico
  • L’efficacia della comunicazione veicolata
  • L’efficacia dell’albero di navigazione del sito
  • L’efficazia del menù di navigazione
  • La completezza dei contenuti
  • L’appeal delle, eventuali, gateway pages

Ma anche per capire se, a monte, nella scelta delle keyword e della modalità di comunicazione adottata per veicolare le informazioni, si è delineato con esattezza il target di riferimento.

Più domini ma un solo contenuto

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Spesso le aziende, giustamente, acquistano più domini, nelle varie estensioni, riportanti il nome del proprio brand o del prodotto che intendono lanciare.
Capita così che siti dal nome simile come “TroisiMinollo.it” e “Troisi-Minollo.it”, “TroisiMinollo.com”, ecc. facciano capo allo stesso proprietario ed erroneamente riportino gli stessi contenuti.
Più volte mi è capitato di spiegare ai clienti i rischi e le penalizzazioni che derivano da questa situazione, oggi dopo l’ennesima mail sull’argomento, mi sono reso conto che questo tema non è ancora molto conosciuto.
In questo post cercherò di evidenziare, in modo più breve possibile (anche se la sintesi non è il mio forte) quali sono i rischi di avere dei siti clone e come possiamo evitare eventuali penalizzazioni:
Rendere accessibili gli stessi contenuti attraverso più indirizzi web espone i diversi domini a due grandi svantaggi per i motori di ricerca:

  1. Possibile penalizzazione mediante il filtro antiduplicazione
  2. Dispersione del pagerank e della link popularity

1. Penalizzazione mediante il filtro antiduplicazione
Al fine di preservare una buona qualità delle SERP (Search engine result pages) e di evitare risultati ridondanti, i motori di ricerca escludono dai loro listing
le pagine e /o siti che riportano contenuto non originale (ossia contenuto già presente in altri siti).
L’algoritmo che si occupa di individuare e penalizzare i testi duplicati è meglio conosciuto con il nome di “filtro antiduplicazione”.

Il funzionamento del suddetto filtro può essere riassunto nei seguenti step:

  1. Individuazione di file riportanti contenuto duplicato
  2. Individuazione del dominio considerato fonte primaria dell’informazione
    (la selezione viene eseguita mediante vari indici:pagerank, link popularity, frequenza di aggiornamento, ecc.)
  3. Esclusione dal listing dei risultati dei “siti cloni”.

2. Dispersione del pagerank e della link popularity
Il PageRank è un indice di qualità rappresentato da un valore numero compreso in un range da 0 a 10 assegnato da Google ad ogni singola pagina web.
Il suo valore deriva da un rapporto matematico tra link in entrata e link in uscita.

  • I link in entrata sono il numero di link che una pagina riceve
  • I link in uscita rappresentano il numero di link che una pagina contiene verso altri siti

Il pagerank si basa sul concetto di link popularity: numero di link che un sito riceve da altri siti esterni, che possono provenire da articoli, rassegne stampa e da gestori di altri domini web che ritenendo validi i contenuti di un sito decidono di linkarlo dal proprio. Rendere disponibili gli stessi contenuti su più domini fa si che questi possano essere linkati attraverso differenti URL, disperdendo così il numero di link totali di un sito e quindi il suo Pagerank.
Come correre ai ripari
Al fine di conservare i nomi dei domini attuali ed evitare le suddette penalizzazioni è necessario:

  • Scegliere il dominio che si desidera avere come dominio principale
  • Redirezionare tutti gli altri domini, mediante un redirect 301 (o 302 se si ha intenzione in futuro di utilizzare i domini secondari inserendo però contenuti diversi), sul “dominio fonte”

N.B. La redirezione non deve interessare solo la home page e non deve redirigere tutte le pagine di un dominio sulla home di un altro, ma deve essere implementata in modo tale che ciascuna pagina rediriga sulla corrispondente pagina del dominio principale.
Es: volendo scegliere sito.it come dominio principale, la URL
www.sito.com/pippo.html
dovrà redirigere a
www.sito.it/pippo.html

Meta tag keyword: la rivincita!

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E’ ormai opinione diffusa che gli algoritmi dei motori di ricerca sono troppo evoluti per farsi influenzare dal contenuto inserito nei meta tag description e keyword: sarebbe troppo facile popolare il tag keyword con le parole chiave che ci interessano e migliorare così il posizionamento di un sito nelle SERP dei motori di ricerca.
Personalmente ho abbandonato l’uso del meta keyword molto tempo fa, mentre dedico tutt’ora un’attenzione particolare alla description, non con lo scopo influenzare il posizionamento ma per assicurarmi che nei risultati dei MDR venga visualizzato un messaggio di appeal e migliorare di conseguenza il click rate.
Questa mattina ho deciso di controllare alcuni siti, che utilizzo come laboratorio, con lo strumento messo a disposizione da Google per rilevare le parole chiave correlate al sito e devo dire che sono rimasto deluso nel constatare che in tre dei suddetti siti questo strumento rilevava solo 2/3 keyword.
Analizzando il codice html dei suddetti siti ho notato che nessuno dei tre conteneva i tag meta, così ho deciso di popolare il tag description e di ripetere l’analisi con lo stesso tool, ebbene già con la sola description i termini individuati dallo strumento sono aumentati di numero arrivando ad una media di 6/7. Incuriosito dal risultato, ho inserito il tag keyword nelle pagine e ripetuto nuovamente l’analisi, non ci crederete ma a questo punto le keyword rilevate dallo strumento sono aumentate esponenzialmente!
Affermare che i meta tag influenzano il posizionamento mi sembra assolutamente eccessivo, però mi sembra altrettanto strano che i suddetti tag godano di una considerevole attenzione da parte dello strumento che Google utilizza per rilevare le parole chiave correlate a un sito!
Se poi consideriamo che, almeno come asserisce SEOMOZ:” Google doesn’t appear to use meta-keywords to rank webpages/sites. But Yahoo! does.
mi sembra il caso di chiudere il post con una citazione “… a volte ritornano…” :-)