Segnalami i link al tuo sito che non controlli, così li elimino

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Era un bel po’ che non scrivevo sul blog e un’eternità che non scrivevo di SEO, non certo per mancanze di tematiche o di evoluzioni del settore, ma principalmente per mia mancanza di tempo e perchè ormai di risorse sul SEO è pieno il web :-)
Però dopo aver letto questo simpatico messaggio nel web master tool non posso esimermi dal fare una piccola considerazione

messaggio web master tool

Personalmente trovo il messaggio divertentissimo ma anche dalle nefaste conseguenze, cosa mi state dicendo che davvero dei link esterni, magari non voluti, possono danneggiare il posizionamento del mio sito? Quindi chiunque può aprire degli aggregatori, linkare i siti dei competitor e mandarli giù?
E in tutto ciò il SEO/web master di un sito preso d’attacco cosa dovrebbe fare? mettersi a scandagliare il web e segnalare a Google tutti i link, non voluti, che ha trovato in giro?
E poi Google cosa fa? si carica a manina la lista segnalata dal “SEO scandagliatore” e depenna i siti indicati dal conteggio dei backlink del sito penalizzato?
Mah spero di poter annoverare il suddetto messaggio tra i tanti fatti da Google solo per operare un insano terrorismo psicologico nella mente dei SEO. Chi vivrà vedrà 

In principio non si usavano i link esterni

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Eh si, in principio i SEO fuggivano i link esterni peggio della peste, dare un link ad un sito terzo significa disperdere pagerank!

Poi ad un certo punto si è detto che i link a siti terzi, che completano le informazioni presenti nel proprio sito/pagine, possono essere molto utili ai fini del posizionamento.

Ancora sempre nello stesso periodo di “enfasi linkifera” si è detto che linkare per lo più risorse valide, naturalmente a tema, non conosciute a Google, aveva effetti benefici sulla percezione che il motore californiano aveva del sito linkante.

Poi naturalmente è arrivata la scomunica dei link esterni: linkare un sito bannato o penalizzato, penalizza anche il sito linkante! E’ come se Google dicesse:”ma come io ho penalizzato quella risorsa, e tu, insulso sito di….. osi linkarla? Allora penalizzo anche te!”

Naturalmente non possiamo dimenticare il caro attributo nofollow, che per un certo periodo è stato sicuramente l’incubo e la felicità di tutti i SEO. L’ultima vittima in questo senso è stato il caro wordpress.

Poi è venuta la personalissima guerra di Google contro i link a pagamento, io in verità al posto suo invece di spingere il k.adv, avrei pensato ad una sorta di vendita link dalle proprie home page, immaginate che successone sarebbe stato! :-)

Risultato? Moltiplicazione incontrollata di Directory web, proliferazione di (inutili) piattaforme di comunicati stampa, poi gestite e utilizzate in modo più o meno serio, proliferazione di aggregatori di Feed che un po’ rubano i contenuti ai siti, e un po’ contribuiscono a incrementarne la link popularity (anche qui però le discussioni si sprecano…) e tanti, ma tanti, blog creati al momento per spingere questo o quel sito…(a tal proposito mi fa davvero impazzire la tecnica del blogghettaro pazzo di myblog! Guardare questa pagina è un piacere tra poco arriverà a creare un blog che come nome ha 50 zeri :-) ).

A me personalmente “’sta link popularity” mi sembra un cane che si morde la coda:

  1. Per valutare i siti Google considera in modo sempre più predominante la link popularity.
  2. Per creare link popularity, visto che lo scambio di link non si può fare, comprarli non ne parliamo proprio, vengono create n. risorse “artificiali”, queste si scritte secondo le logiche dei motori (mica in questi casi si hanno i limiti che si devono affrontare con i siti istituzionali delle aziende :-) )
  3. All’aumentare del numero delle risorse on line, aumenta la difficoltà nel classificarle considerando solo gli elementi on site, e quindi aumenta costantemente il peso della link popularity e (come dicono i fichi) dell’age rank…

Ma poi non vi sembra che con questi benedetti link alla fine i contenuti veri del sito abbiano perso molta della loro importanza?
Quasi quasi rimpiango i tempi del bold, del corsivo e della keyword density! Se esistesse un sindacato SEO dovrebbe proporre una manifestazione contro la link popularity, già immagino le piazze piene :-)

Generazione link popularity!

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Grazie ad Alessandro, ho scoperto uno strano e nuovo SEO contest europeo. Devo dire che non sono assolutamente amante di queste iniziative, anzi credo che spesso siano più che sovrastimate, però in questo caso sono rimasto piacevolmente colpito dalla fantasia utilizzata dall’autore nel cercare di procurarsi un po’ link popularity, e quindi non posso non “cascarci”!!!

In tutta sincerità dubito che l’ideatore del contest abbia mai letto SEOTALK. Ne tanto meno sia capace di tradurne i contenuti in inglese, però se ci fate caso, nella barra di destra, per ogni nazione, ha linkato una decina di blog SEO più comuni, ben sapendo che, essendo del “mestiere”, lo avremmo scoperto controllando i referer dei nostri blog.

Dal “nostro amico” possiamo di sicuro imparare una bella lezione: forse i link esterni al sito non aiutano il pagerank (anche se in molti sostengono che possano favorirne il posizionamento), ma di sicuro se ben messi, possiamo ricavarne un bel backlink a tema! :-)

Sul filtro antiduplicazione

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E poi non venitemi a dire che il filtro antiduplicazione dei contenuti funziona bene!!!

Direi che a questo punto, un malpensante potrebbe affermare che:

  • Il filtro antiduplicazione colpisce i più deboli, ma non incide sui “potenti”
  • Che se un sito autorevole duplica un sito minore, quest’ultimo viene penalizzato a vantaggio del primo (giuro negherò quest’affermazione fino alla morte :-) )

Insomma, come direbbe Andreotti, il potere (link popularity e autorevolezza di un sito) logora chi non ce l’ha :-)

Abolire la link popularity

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In un precedente post mi è stato chiesto se voglio abolire la link popularity, La risposta per quanto mi riguarda è sicuramente si!
Diciamo che il concetto di link popularity, a mio avviso, è valido (più siti linkano uno documento, più questo documento sarà considerato valido e pieno di contenuti di qualità) però si presta ad essere manipolato troppo facilmente dando vita a molteplici fenomeni spam.
Se analizziamo cosa è successo fino ad ora, infatti, ci rendiamo conto che la link popularity nel tempo ha creato:

  • Il proliferare di directory “web posticce”
  • La nascita, lo sviluppo (e la morte?) degli article marketing e dei “comunicati stampa” farlocchi
  • La proliferazione di siti/blog posticci, incentrati su un unico tema, costruiti con l’unico intento di linkare il sito principale.

Altra cosa che poi contesto alla link popularity è di non essere “democratica”, cioè il potere di un linkare un sito non è facoltà di tutti, ma dei soli possessori di siti/blog, quindi una minuscola parte della popolazione. In più anche in questo caso si possono generare vari errori, infatti l’utente che crea il link o è troppo “smanettone”, e quindi difficilmente regala un link in modo davvero “spontaneo”, oppure è troppo poco esperto del web e rischia di linkare risorse non proprio valide. A tal riguardo vi segnalo l’ultimo caso davvero divertente che ho visto, dove un blogger di Panorama ha linkato questo arbitrage (peraltro di un mio amico, quindi anch’io gli regalo un link, tanto per dimostrare quanto valido e motivato può essere un collegamento ipertestuale :-) ) come risorsa utile per i regali di Natale.

Abbassamento di pagerank

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Finalmente dico la mia :-)

Come tutto il mondo SEO ormai saprà, nell’ultimo periodo, molti siti anche importanti, hanno subito notevoli abbassamenti di PageRank.
Nel mirino di questa operazione, almeno così sembra, come afferma lo stesso Matt Cutts, sono finiti in particolare i siti rei di aver venduto link a pagamento (sul come faccia poi Google a individuare i link a pagamento, ci si potrebbe scrivere su un trattato…).
Oltre ai molti portali e blog famosi, in Italia ce ne sono stati alcuni di illustri, sembra che siano stati penalizzati in particolar modo i siti di Comunicati stampa e di Article marketing.
Volendo cercare delle caratteristiche che accomunano tutti i siti che hanno visto calare il loro valore di pagerank, possiamo individuare due fattori principali:

  • Tutti sono caratterizzati dalla presenza di molti link esterni, anche se non necessariamente a pagamento (almeno a detta dei diretti proprietari)
  • L’abbassamento del PR non si è rispecchiato, sempre a detta dei diretti interessati, in un calo di visibilità nei motori di ricerca.

Dando per veritieri i suddetti fattori, l’opinione che mi sono fatto è che gli analisti di Google, non abbiano voluto penalizzare i siti che “vendono” link, o che permettono comunque facilmente l’inserimento di link esterni (forum, comunicati stampa, ecc.), ma solo togliere loro il potere di influenzare il funzionamento dell’algoritmo del motori di ricerca.
I link, e la link popularity, infatti ad oggi rappresenta la tecnica più potente per spingere un sito su Google, la logica di base, che non era poi molto sbagliata, è che più una risorsa è linkata da altri siti, più essa è valida.
L’applicazione di questo concetto, si è però dimostrata più difficile di quanto si pensasse: fenomeni come il google bombing, hanno dimostrato che l’algoritmo di Google, mediante i link, è altamente influenzabile manualmente dagli essere umani (o SEO che dir si voglia :-) ).
Insomma come al solito: fatta la legge, trovato l’inganno. Appena ci siamo accorti che i link potevano influenzare la visibilità nei motori di ricerca, sono nate 150.00000 directory free. Poi appena Google ha dato meno peso alle directory, siamo tutti diventati “giornalisti”, grazie anche alle 300.000 piattaforme di article marketing che si sono sviluppate. Ora siamo semplicemente allo step 3: Google si è reso conto che abbiamo nuovamente trovato un modo di ottenere link facilmente, e corre ai ripari. Certo le piattaforme di article marketing, i forum, ecc, a differenza delle directory, non presentano solo link, ma anche moltissimo testo da indicizzare e una frequenza di aggiornamento molto alta (cose che piacciono tantissimo a Google), quindi penalizzarle significava anche rendere meno visibile una bella massa di informazioni.
A questo punto gli analisti di Google possono aver agito nel seguente modo (e questa è la mia teoria):

  • Individuare i siti caratterizzati da molti link in uscita, ma anche molti contenuti.
  • Togliere loro la possibilità di influenzare il posizionamento di altri siti, mediante l’abbassamento del valore del pagerank.
  • Continuare comunque a includere questi siti, data la loro mole di contenuti, nei risultati dei motori di ricerca.

Non credo quindi, come molti hanno affermato, che Google abbia voluto dare un “avvertimento” a questi siti (come sostengono in molti), dandogli modo di correre ai ripari, ma solo privarli (o quanto meno limitarli) del potere di influenzare il posizionamento degli altri siti.

Ancora sul nofollow

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Faccio prima una piccola premessa per i lettori meno esperti: circa verso la fine del 2004 (se non ricordo male) è stato introdotto l’attributo “rel” del tag “<a>”. Questo attributo, se valorizzato come “nofolow”, indica agli spider dei motori di ricerca di non seguire quel determinato link.

Da allora molte sono state le discussioni che si sono sviluppate su questo elemento: si è spesso affermato che la presenza del “nofollow” possa essere interpretato dai motori di ricerca come un indice di spam (del tipo: perché linki una risorsa e poi mi dici di non seguirla?), oppure che gli spider dei motori di ricerca seguono lo stesso i link (teoria supportata dai file di log), ma poi questi ultimi non vengono comunque considerati ai fini del calcolo del pagerank (semplificando il valore del pagerank di un documento web è dato dal rapporto tra i link in entrata che questo riceve e il numero di link presenti sul documento stesso).

Personalmente non nutro molta simpatia per il nofollow, ma non voglio entrare nel merito di questa discussione.

Oggi, però, consultando il pannello che Google fornisce ai webmaster, ho notato che non solo il noto motore di ricerca registra comunque tutti i link che presentano il nofollow, ma sembra(e sottolineo SEMBRA) che consideri le inclusioni mediante frame come link.


Come potete notare dallo screenshot, nel report relativo ai link in entrata che Google ha rilevato in rete al sito di Sembox, ci sono anche i link di segnalo.alice.it (il quale notoriamente utilizza l’attributo rel=nofollow).

Fin qui “diciamo” niente di strano, se non fosse che segnalo.alice non utilizza comunque link diretti,
ma adotta due differenti soluzioni:

  1. linka o ad una pagina interna che poi richiama, mediante un frame, il sito in questione (http://segnalo.alice.it/f.php?us=e6f062459540eb0663c35aebb81c8c49)
  2. Utilizza un dominio di proxy http://www.miosito.it.nyud.net:8090/

Mah, sta a vedere che per la link popularity non contano più solo i link diretti! :-)